Utilizzata sin dalla notte dei tempi come indicatrice di benessere della vigna, la rosa all'inizio del filare e' segno di premura ed attenzione per il vigneto, di legame con le tradizioni e con la propria terra, ed espressione della convinzione che, per ottenere un raccolto di successo, sia necessaria anche la bellezza. I temi centrali del dialogo materializzato nella mostra, sono la connessione e l'amore verso le proprie radici, narrate da sei artisti originari di luoghi distanti dai grandi centri urbani. Le relazioni complesse sono spesso le piu' profonde, ed e' forse per questo motivo che amare le proprie radici, specialmente se queste risiedono in territori distanti dai luoghi delle opportunita' come le metropoli, significa abbracciare un amore intenso. Attraverso linguaggi eterogenei, le opere presentano un discorso connesso da legami stretti, narrazioni territoriali, plasmate a cavallo tra schemi di stabilita' apparente e movimenti fisici o metafisici, propesi verso una forma di sacralita'.
Lo spazio espositivo si presenta nel suo ingresso con una sorta di percorso, generato dalle opere di Filippo Sbrancia (Macerata, 1991) che, attraverso arbusti raccolti attorno alla sua abitazione, racconta le proprie origini contadine mettendo in relazione lo spettatore con elementi naturali, in cui naturalezza e biodegradabilita' del materiale, offrono spunti per ragionare sulla separazione tra il concetto di eternita' e l’idea di immutabilita'. Attraverso l'uso di iconografie arcaiche come le anfore, rappresentate in chiave sessualizzata tra elemento maschile e femminile, Chiara Valentini (Fermo, 1981) ci proietta verso suggestioni ancestrali, simboli generativi e contenitori, creati con strati e coaguli di carta giornale, reperto di informazione e comunicazione. Un serpente emblematicamente realizzato in materiale industriale si aggiunge alla sua composizione, contribuendo a questo dialogo di contenuti contenitori, in relazione con “Il silenzio”, una statua realizzata dall’artista in materiale tessile, rappresentante una sirena misteriosamente silente.
la rosa all'inizio del filare | lou capanneau | veduta mostra | foto: michael ciarletta
Lo spazio espositivo si presenta nel suo ingresso con una sorta di percorso, generato dalle opere di Filippo Sbrancia (Macerata, 1991) che, attraverso arbusti raccolti attorno alla sua abitazione, racconta le proprie origini contadine mettendo in relazione lo spettatore con elementi naturali, in cui naturalezza e biodegradabilita' del materiale, offrono spunti per ragionare sulla separazione tra il concetto di eternita' e l’idea di immutabilita'. Attraverso l'uso di iconografie arcaiche come le anfore, rappresentate in chiave sessualizzata tra elemento maschile e femminile, Chiara Valentini (Fermo, 1981) ci proietta verso suggestioni ancestrali, simboli generativi e contenitori, creati con strati e coaguli di carta giornale, reperto di informazione e comunicazione. Un serpente emblematicamente realizzato in materiale industriale si aggiunge alla sua composizione, contribuendo a questo dialogo di contenuti contenitori, in relazione con “Il silenzio”, una statua realizzata dall’artista in materiale tessile, rappresentante una sirena misteriosamente silente.
la rosa all'inizio del filare | lou capanneau | veduta mostra | foto: michael ciarletta
Riflessioni politiche e poetiche sono generate dall’opera di Stefano Ventilii (Sant’Omero, 1997), il quale presenta una linea, riproduzione in dimensione ridotta dell’andatura del fiume Aso, confine naturale tra le province di Ascoli Piceno e Fermo. Realizzata in ferro, la planimetria geografica del corso d'acqua proietta sulla parete una serie di segni che raffigurano i confini immaginari del nostro territorio. Tali delimitazioni, seppur astratte, in terre lontane hanno tutt’oggi il potere di generare divisioni, limiti e conflitti.
La stessa fascinazione che ha saputo e sapra' delineare, scatenare resistenze e collisioni, e' capace di ispirare visioni oniriche su un ambiente poeticizzato nelle opere di Filippo Rizzonelli, (Riva del Garda, 1991). Tramite stratificazioni di diversi impasti e tecniche cromatiche, l’artista rappresenta scenari in cui l’entita' umana, talvolta insita nell’opera o talvolta consistente nello spettatore stesso, trova immersione nel naturale.
Il racconto sulla flora e fauna del luogo si traduce in linguaggio grafico tramite le mani di Marco Filicio Marinangeli (Fermo, 1990), che realizza un’incisione scultura mettendo a nudo la processualita' xilografica, posta in comunicazione con un disegno pittura in cui riproduce elementi originari del posto o approdati sul territorio.
Spiritualmente evocativi di un rapporto ancestrale con il Creato, i segni di carbone e pigmento oro di Caterina Sammartino (Colleferro,1997) sono mezzo e destinazione di un contatto con il tutto. La meditazione pittorica dell’artista e ̀, nella sua realizzazione, quasi un rituale di reimmersione nel naturale come entit'a divina e cosmica.
Ado Brandimarte
Contatti:
Lou Capanneau Contrada Aso 23/B, 63823 Lapedona (FM) Tel: 0039 3272365681
Email: loucapanneau@gmail.com
Social: IG: loucapanneau
la rosa all'inizio del filare | lou capanneau | veduta mostra | foto: michael ciarletta
la rosa all'inizio del filare | lou capanneau | veduta mostra | foto: michael ciarletta
la rosa all'inizio del filare | lou capanneau | veduta mostra | foto: michael ciarletta
la rosa all'inizio del filare | lou capanneau | veduta mostra | foto: michael ciarletta
la rosa all'inizio del filare | lou capanneau | veduta mostra | foto: michael ciarletta