CHIARA VALENTINI

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| DOPPIO SEGNO | ELENA NONNIS - CHIARA VALENTINI | GALLERIA ANNA MARRA | A CURA DI: LORENZO RESPI | ROMA | DAL 13.11 AL 14.12 2014 |

 

 

 

doppio segnodoppio segno | galleria anna marra | roma | foto: vl9 photography

ELENA NONNIS | CHIARA VALENTINI. DOPPIO SEGNO

Indagare nel profondo la complessità dei rapporti umani, scoprire le adiacenze e le frizioni tra persone di sesso diverso, trasformare in esercizio visivo l’esistenza umana e il suo inconscio collettivo sono i confini, permeabili e incerti, entro i quali si muove la doppia ricerca artistica di Elena Nonnis e Chiara Valentini. Due artiste donne, due generazioni a confronto, due esperienze di vita si condensano in una coppia di linguaggi espressivi autonomi e indipendenti, ma al tempo stesso affini, uniti dall’uso di un segno distintivo comune, quello del cucito. Il filo infonde ai materiali tessuti un intenso significato narrativo e un sincero assunto critico. Dalle trame dei loro lavori - quadri e sculture - emerge silente la denuncia della violenza subita, che le donne spesso non raccontano per paura o per vergogna, ma anche un substrato nascosto di ripetute prepotenze e tentativi di riscatto. Le due artiste si confrontano sul terreno comune delle convenzioni sociali con l’obiettivo condiviso di portare alla luce - e far riconoscere - i segni di una piaga sociale, la violenza di genere appunto, che affonda le radici nell’assoluta mancanza di rispetto per la vita. Elena e Chiara esplorano l’universo del corpo femminile, con le sue fragilità e le sue esclusività, nonchè la sua intima connessione con l’animo, quello di tante donne vittime di un destino che ha segnato per sempre le loro esistenze. Ma vanno anche oltre, ampliano il campo di analisi al contesto sociale di riferimento senza mai cedere alla retorica: dagli uomini che commettono violenza a tutti coloro - uomini e donne - che quotidianamente si impegnano a contrastarla, dalle donne vittime a quelle che hanno saputo reagire e infondere coraggio ad altre per denunciare, dall’assunzione di responsabilità personale al superamento del dramma, dall’omertà alla vergogna.

I ritratti su tela di Elena Nonnis sono icone senza volto, dai lineamenti irriconoscibili, tratteggiati con un segno marcatamente allusivo, che riaffiorano dalla memoria personale e collettiva e tornano in vita attraverso l’esperienza del cucito. Una lunga striscia tessuta - scandita ritmicamente come un lento piano sequenza - mette in scena una teoria di donne, uomini, intere famiglie: sono donne che hanno vissuto la tragedia della violenza e hanno saputo reagire, altre sono vittime che non hanno avuto la forza di riscattarsi, altri ancora sono modelli universali di persone comuni e professionisti impegnati sul campo (psicologhe, artiste, scrittrici, volontarie). E’ un campionario commovente di esistenze felici o drammatiche, di testimonianze positive o di fatti di dolore, di prove di coraggio o di silenzi. I segmenti geometrici, le linee spezzate e i nodi stretti sottendono un’incisività del segno che richiama ai maltrattamenti patiti e ai conseguenti sfregi, sia fisici sia psicologici. Il filo nero ricuce i legami interrotti, non rammenda gli strappi, ma tiene uniti i lembi lacerati; l’ordito raccoglie le esperienze e imbastisce insieme i ricordi per non dimenticare e raccontare. Elena procede per sottrazione, per rarefazione del segno: prima cancella i caratteri somatici, poi elide intere parti del corpo; il vuoto conquista lo spazio, la tela si carica di significati non detti, esprime in metafora quel silenzio assordante che accomuna molte donne ferite nell’intimo. Colpisce una piccola tela raffigurante un matrimonio, esposta a rovescio rispetto alle figure cucite, nella quale si intravvede la sorte possibile di un’unione fallimentare. Il tempo richiesto per svolgere il lavoro manuale diventa per l’artista occasione di riflessione sulla vicenda personale di ogni persona ritratta, che viene trattata con umana compassione rifuggendo da ogni spettacolarizzazione filomediatica. La storia diventa materiale da lavorare, il cucito strumento di lavorazione. Ecco allora che alcune donne senza volto riconquistano la propria identità, le loro esperienze diventano testimonianze universali, il quadro si fa segno: Donatella Colasanti, sopravvissuta al massacro del Circeo; Franca Viola, prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore; Tracey Emin, artista che ha fatto della violenza una forma artistica di riscatto dal destino.

Nelle sculture in tessuto ricamato di Chiara Valentini si fa ancora più evidente il valore universale del tema delle debolezze umane. Chiara fonde sapientemente gli archetipi della statuaria classica - simbolo immutabile di perfezione canonica - con le suggestioni anatomiche dei corpi femminili in carne e ossa. Il richiamo all’iconografia classica vuole rendere universale e atemporale la riflessione sulla fragilità della specie umana, che si chiude in se stessa lacerandosi nella dialettica tra essenza e apparenza, tra anima e corpo, rimanendo vittima del proprio essere, inevitabilmente imperfetta. Le tre Grazie, L’abbraccio, Dafne e Venere parlano l’idioma antico e ripercorrono la storia delle debolezze umane attraverso l’uso di simbologie e metafore, ormai entrate nell’immaginario collettivo. La perfezione della divinità si scontra con la finitezza dell’umanità, il marmo duro e levigato si trasforma in anatomie morbide e deformanti. La giovane scultrice analizza il rapporto conflittuale e spesso violento tra la bellezza della femminilità e lo sfruttamento della sua sensualità. Le forme afflitte e mutilate dei busti, l’ostentazione dell’apparato sessuale (femminile e maschile) e degli organi vitali (cuore, polmoni, cervello e spina dorsale) e la consistenza duttile dei materiali della scultura concorrono a dare sostanza alla vulnerabilità di molte donne, mute, ripiegate in se stesse nel loro dolore. Il segno del dolore è chiudersi in un “autoabbraccio” consolatorio e protettivo, è piegarsi al destino sciagurato della propria bellezza o dell’amore criminale, è accettare la violenza in silenzio. Ma il dolore è anche quello di essere costretti a vivere in una società ipocrita e superficiale, che impone una perfezione di facciata e obbliga le persone a uniformarsi al modello utopico che promette. L’arazzo Mano nella mano racconta che è possibile reagire, trovare il vigore e il coraggio per non accettare una condizione che non ci appartiene. E’ una danza infinita di entità simili eppure diverse, uomini e donne che si completano in un momento di unione naturale. Chiara trova nel cucito la delicatezza della femminilità e l’energia espressiva del suo stile: in ogni punto rimangono fissati i pensieri, le emozioni, i luoghi e gli incontri che, uniti insieme, ci restituiscono la trama di una lunga storia.

In questa doppia personale, pensata per gli spazi di Annamarracontemporanea, Elena Nonnis e Chiara Valentini uniscono le forze per spingerci a riflettere sul delicato - e, purtroppo ancora oggi, di estrema attualità - tema della sopraffazione, declinato nelle sue molteplici forme, che getta nella spirale della violenza vittime e carnefici. Solo grazie all’educazione al rispetto della persona e alla diffusione della cultura della diversità sarà possibile arginare e reagire alla violenza di genere.


Lorenzo Respi


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catalogo doppio segnocatalogo doppio segnofocus on | elena nonnis - chiara valentini | doppio segno | a cura di: lorenzo respi | gangemi editore catalogo doppio segno

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